Referendum del 21 giugno – il perché di un’astensione

 

Ho sempre sostenuto e sempre continuerò a sostenere l’importanza del referendum, vero momento di consultazione popolare e di scelta democratica. Dobbiamo innanzitutto cercare di tenerci ben salda questa ultima possibilità di democrazia. L’anno prossimo avremo, grazie al referendum,  la possibilità di votare per l’abrogazione del Lodo Alfano, legge fortemente anticostituzionale che permette al presidente del Consiglio l’immunità totale e la libertà di compiere qualsiasi reato.  Per questo motivo l’idea di dovere astenersi per far mancare il quorum al referendum del 21 giugno mi disturba molto. Tuttavia le argomentazioni contenute nell’appello che riporto integralmente qui sotto,  mi convincono che in questo momento rischiare di far vincere il –SÌ- sarebbe molto pericoloso per cui anch’io devo invitare all’astensione. 

Ci tengo in ogni caso a dire che a suo tempo non ho firmato a favore di questo referendum che trovavo inutile perché una legge sbagliata come la legge Calderoli che permette ai vertici dei partiti di nominare i propri eletti in parlamento non può essere sostituita a colpi di referendum con una legge ancora peggiore. Quindi confermo la mia scelta di allora.

No al referendum elettorale Il 21 giugno saremo chiamati a votare, ancora una volta, su  referendum elettorali.
Certo, condividiamo il diffuso giudizio negativo sulle leggi vigenti per le elezioni della
Camera dei deputati e del  Senato della Repubblica. Queste leggi espropriano le elettrici e
gli  elettori del diritto di scegliere i propri rappresentanti. Oggi non
sono gli elettori e le elettrici a scegliere i parlamentari, questi
sono nominati dai capi-partito.  L’attuale sistema elettorale andrebbe
trasformato radicalmente, per assicurare alle Assemblee elettive il
pluralismo delle forze politiche e la massima rappresentatività del
popolo italiano. A tutt’altro, invece, mirano i quesiti del referendum
del 21 giugno, che non riguardano il sistema delle liste bloccate e  dunque le
confermano. Il vero risultato giuridico del referendum
 sarebbe quello di consegnare il Paese al solo partito che avesse un
 voto in più di ciascun altro, attribuendogli più della maggioranza  
assoluta dei seggi in Parlamento: con appena il 30 % o il 20% dei voti
avrebbe il 54% dei seggi alla Camera. Inoltre dal Senato sarebbero
escluse tutte le liste che non raggiungessero l’8%.
Con la vittoria dei  sì, si avrebbero un premio di maggioranza e una soglia di
sbarramento  enormi, senza precedenti nella storia istituzionale italiana e in
quella di ogni paese civile. Con tre quesiti, che modificano ben 67
punti delle due leggi elettorali, oscuri nella formulazione ma chiari
nella finalità di manipolare il sistema di voto, si vuole imporre il
bipartitismo coatto, al di là dell’effettiva volontà dei cittadini.
Con  la vittoria dei sì, si impedirebbe qualsiasi ulteriore riforma
 elettorale. Con la vittoria dei sì, sarebbe confermato un sistema che
trasforma una minoranza elettorale in stragrande maggioranza
parlamentare (tale da poter agevolmente cambiare la Costituzione a suo
piacimento), e che ingigantisce il potere del capo di tale arbitraria maggioranza.
Un siffatto sistema elettorale viola la Costituzione, e  deve essere rifiutato: il
referendum deve fallire, attraverso la non partecipazione al voto o il rifiuto della scheda,
per impedire la  cancellazione della democrazia parlamentare e per rendere possibile una
riforma elettorale che restituisca la parola ai/alle cittadini/e.
 
Gianni FERRARA, Pietro ADAMI, Cesare ANTETOMASO, Gaetano AZZARITI,
 Francesco BILANCIA, Claudio DE FIORES, Tommaso FULFARO, Domenico GALLO,
 Orazio LICANDRO, Enzo MARZO, Mario MONTEFUSCO, Francesco PARDI, Alba
PAOLINI, Gianluigi PEGOLO, Pino QUARTANA,Franco RUSSO, Giovanni RUSSO-
SPENA, Cesare SALVI, Lorenza CARLASSARE, Mario DOGLIANI, Roberto LA
MACCHIA, Mattia STELLA, Massimo VILLONE, Paola MASSOCCI,Domenico GIULIVA,
 Andrea AIAZZI, Bruno MASTELLONE, Sergio PASTORE, Luigi  GALLONI, Silvio GAMBINO, Paolo de SANCTIS, Aldo FAPPANI, Michele  CHILLEMI, Roberto PORTA
 Roma 20 maggio 2009

Referendum

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