L’Italia è commissariata

Ormai è un dato di fatto. L’Italia è commissariata.
La prossima settimana una delegazione della UE e del FMI verrà a
controllare i nostri conti e a verificare il risanamento del debito
spaventoso che il nostro paese ha accumulato dagli anni 90 in poi.

Siamo storditi, non capiamo come sia possibile, milioni
di cittadini che lavorano, pagano le tasse, risparmiano e non si
sognerebbero mai di rischiare i propri risparmi in speculazioni o
investimenti rischiosi devono oggi sentirsi dire che abbiamo speso
troppo e che dobbiamo licenziare e tagliare i diritti perché i soldi
non ci sono più.

Sì perché questa è la ricetta che viene propagandata
dalla UE, tagli su stipendi, pensioni, ulteriore precarizzazione del
lavoro, smantellamento di servizi pubblici, della scuola, della
sanità, dei trasporti, della cultura, abbandono del territorio alle
catastrofi naturali come quelle che si stanno abbattendo in varie
regioni d’Italia.

E dire che basterebbe poco per avviare la
ricostruzione del nostro paese,
innanzitutto eliminare le
province, combattere seriamente l’evasione fiscale e l’elusione da
parte delle grandi aziende, ridurre gli stipendi dei parlamentari e i
vitalizi, ristatalizzare i servizi che abbandonati nelle mani dei
privati hanno tolto allo stato degli introiti fissi senza migliorare
in alcun modo la qualità e le prestazioni agli utenti. A livello
europeo (anzi globale) invece si dovrebbe introdurre la Tobin Tax,
che permette di frenare in qualche modo la velocità con cui i
capitali impazziti degli speculatori professionisti (gli unici che
lucrano sulla crisi finanziaria) migrano da un angolo all’altro del
globo seminando caos, bancarotte di interi paesi, disastri sociali.
La religione del libero mercato senza limiti e confini ci ha portato
a questo quadro globale di totale destabilizzazione. Vogliamo
ammetterlo, con sincerità a noi stessi? Vogliamo fare un passo
indietro?

Questo dovremmo dire alla UE, dateci una mano a
realizzare queste sacrosante misure per ridurre strutturalmente e
esponenzialmente il debito pubblico.

E invece no, siamo lì a parlare di inutili e
controproducenti liberalizzazioni e privatizzazioni
che non
miglioreranno di una virgola il disastro.

Anche perché se manca la crescita è perché i
salari ormai da anni stagnano
o addirittura vengono ridotti, il
precariato esplode e aumentano le tasse indirette come l’IVA. Come si
può pensare di incentivare i consumi se si riduce la capacità di
acquisto dei cittadini su larga scala? Qualche luminare dell’economia
dovrebbe spiegarmelo. Non si può sperare che la domanda sia
stimolata solo dagli acquisti delle sempre più ristrette classi di
privilegiati che si sono arricchite mentre milioni di cittadini si
impoverivano.

Questo è il paradosso del capitalismo. Permettere che
siano in pochissimi a diventare miliardari e tenere le masse al
limite della povertà o al di sotto. Un sistema simile non può
funzionare. Distruggere lo stato sociale è il modo migliore per
far fallire il progetto capitalista
di libero mercato senza
freni.

Ripensiamoci. Ispiriamoci al modello islandese dove,
dopo una bancarotta di fatto, un nuovo governo di sinistra si è
messo a lavorare sodo per ristabilire lo stato sociale, l’equità
fiscale e la solidarietà. Ricostruiamo il concetto di bene comune e
allontaniamoci dal modello capitalista che in nome del profitto
illimitato sacrifica il futuro di milioni di cittadini.

Economia

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